martedì 27 novembre 2007

Crema mou in tegame: approfondimenti.

[Nella foto,a partire dall'angolo in alto a sinistra, in senso orario: 1) latte condensato 45' in pentola a pressione raffreddato subito, 2) latte condensato 20' in pentola a pressione raffreddato lentamente, 3) latte di soia in tegame, 4) latte P.S. UHT in tegame]

Alcune ricette originali di Crema Mou (Dulce de Leche, Confiture de Lait, Tofee, ecc.) iniziano caramellando parte dello zucchero, altre no. Ho voluto rendermi conto della differenza, e ne ho fatta una senza caramello finchè c'era ancora un po' della precedente con il caramello. Poi ho fatto le stesse prove paragonando le versioni di latte vaccino e latte condensato.

In questo modo abbiamo potuto valutare quelli che ritengo essere "gli estremi" della ricetta, ovvero quella senza caramello e quella con il 50% dello zucchero caramellato prima di aggiungere il latte ed il rimanente zucchero.

Ho fatto le prove sia con il latte di soia che con il latte vaccino (intero), con risultati analoghi, salvo l'indiscutibile differenza nel sapore.

Per il punto di cottura consiglio di non aspettare che la crema sia troppo densa, meglio fare la "prova piattino" come per la confettura, o levarla non appena comincia ad essere... "bavosa" :-)

Già che c'ero, ho annotato anche i tempi di cottura, che con un tegame di 19 cm di diametro, sono intorno a un'ora per mezzo litro e due ore per un litro di latte.

Per quanto riguarda la dolcezza, la quantità di zucchero del Dulce de Leche originale è di circa 280 g/l, la versione con il latte condensato zuccherato e la Confiture de Lait ne hanno ancora di più. Fatte tutte le prove, io preferisco usare 150 g/l.

La resa è di circa un terzo, come dire che con 1 litro di latte e 150 grammi di zucchero a fine cottura rimangono circa 350-400 grammi di Crema Mou.

lunedì 26 novembre 2007

Banana Bread leggero all'uvetta

Non tutte le ciambelle riescono col buco.

Questa volta ho sperimentato alcune piccole variazioni a partire dalla ricetta della volta scorsa: bella briosciona, buon sapore, ma l'esito non mi ha soddisfatto del tutto:

  • 170 grammi di uvetta (invece di nocciole e fiocchi al cioccolato).
  • 42 grammi di lievito di birra fresco (invece di 30).
  • Programma Francese, crosta chiara, peso 1 Kg (invece di Pane Dolce).
Come la volta scorsa, niente grassi aggiunti. Le due banane pesavano 170 grammi, sui quali per differenza ho calcolato il peso del latte da aggiungere.

Si, era buono, ma non come quello con le nocciole tostate e i fiocchi al cioccolato. Con la banana le nocciole tostate mi piacciono molto più dell'uvetta.
Inoltre questa volta la pagnotta è venuta un po' squadrata, quella della volta scorsa aveva un cupolotto più simpatico, anche se mi aveva tenuto sulle spine e poi ha lievitato all'ultimo minuto.

Vabbè, ho capito, mi sto abituando troppo bene :-]

domenica 25 novembre 2007

PSTVLC: Come fare la pasta in un minuto

(Titolo originale: Tutto quello che avreste voluto sapere ma non avete mai osato chiedere alla mensa, al bar e in molti ristoranti)

No, alla domenica no. Alla festa si magia tutti assieme, nel cucinino per stare più vicini e sentire il vapore e il profumo della pasta che cuoce, e qualche volta anche l'olezzo dei cavoli. Un profumo leggerissimo quello della pasta, quasi omeopatico, cui il nostro organismo ha imparato a reagire con la salivazione, e il nostro subconscio con l'impazienza.

Nei giorni di lavoro spesso mangiamo qualcosa al volo perchè per fare la pasta ci vorrebbe troppo tempo. A casa nostra ci sono giorni in cui si pranza in tre fasi: chi alle 12, chi alle 13, e chi alle 14. Anche facendo la pasta con la pastaiola (sempre con la stessa acqua, così rimane calda), bollire l'acqua e cuocere la pasta espressa porta via mezz'ora la prima volta e venti minuti le due volte successive, per un totale di 70 minuti in cui in qualche modo si deve presidiare la cucina.

PST VLC 07S65 L840G, per gli amici PSTVLC, è la pasta veloce in stile codice fiscale, per chi ha poco tempo. Quando il tempo è prezioso, perchè non copiare dai professionsti che trasformano il tempo in denaro?

Nell'esempio di prima, con PSTVLC impieghiamo una decina di minuti per il bollore e la prima cottura, più un paio di minuti per spadellare e mantecare ogni volta che si va in tavola. In tutto fanno 10+2+2+2 = 16 minuti invece di 70. Quasi un'ora di vita guadagnata!


E' semplice, si fa così:

  1. Scottare per un minuto la pasta in acqua bollente salata (12 grammi di sale per litro di acqua). Per i formati più spessi servono fino a due minuti (es. fusilli, radiatori, orecchiette, ecc.).
  2. Raffreddarla rapidamente con acqua fredda, poi scolarla benissimo. Con la pastaiola io faccio così: allo scadere del minuto spengo il fuoco, scarico l'acqua bollente dalla pastaiola e la riempio di acqua fredda (rimettendo dentro la pasta, ovviamente), dopo una decina di secondi scarico anche questa acqua e riempio la pentola nuovamente di acqua fredda; dopo circa mezzo minuto scarico anche questa e lascio la pasta a sgocciolare dentro la pastaiola, fino a quando la utilizzo o la metto in frigo.
  3. Prima di usarla, lasciare riposare la pasta almeno un'ora. L'interno della pasta verrà "ammorbidito" (o pseudo-cotto, se preferite) durante il riposo.
  4. La pasta si conserva qualche ora a temperatura ambiente, o in frigo se si usa il giorno dopo. Conservandola più a lungo potrebbero iniziare fermentazioni indesiderabili.
  5. Subito prima di servirla, completare la cottura spadellando la pasta con il sugo un minuto a fuoco vivace (due minuti per i formati più spessi), avendo l'accortezza di tenere il sugo un abbastanza liquido, per farne assorbire un po' alla pasta e per consentire la formazione della cremina in mantecatura con il parmigiano.
  6. Dopo un minuto (occhio che passa alla svelta!), spegnere il fuoco e aggiungere l'eventuale parmigiano per la mantecatura.
Salvo il profumo in cucina, la differenza con la pasta espressa è veramente minima, e ai nostri fini è pienamente tollerabile per regalarci il piacere di una buona pasta anche quando non ce ne sarebbe il tempo. In pieno stile Ovosodo, come è scritto nel titolo del blog: "... cose buone e semplici, per vivere meglio risparmiando tempo e denaro.".

sabato 24 novembre 2007

Crema mou di soia: aggiornamento.

Ho provato la ricetta precedente con il latte di soia Valsoia, un po' meno zucchero (150 g/l), niente caramello.

Sia per sapore che per colore viene molto diversa dalla volta scorsa, in cui metà zucchero era caramellato.

Secondo me un po' di caramello ci sta bene, farlo usando metà zucchero è troppo. Senza caramello, la soia si sente un po' troppo per i miei gusti. La prossima volta proverò caramellando il 10-15% di zucchero.

Ecco la ricetta usata questa volta:
  1. Pentola da 19 cm di diametro, a bordo alto.
  2. 1 litro di latte di soia.
  3. 150 grammi di zucchero.
  4. Far sobbollire a fuoco lento per 2 ore. E' da notare che, nella stessa pentola, per mezzo litro di latte basta 1 ora.
  5. All'inizio, finchè il fuoco è forte, fare attenzione al trabocco di schiuma. Poi, una volta abbassato il fuoco, sobbollendo non dovrebbe più dare problemi di trabocco.
  6. Fino a due terzi di cottura la si può lasciare in pace. Quando inizia a cambiare colore, conviene tenerla d'occhio.
  7. Quando ha una consistenza "bavosa" fare la "prova piattino". Non deve addensare troppo.
  8. Invasare subito.
A differenza di altri, Valsoia dichiara di non usare soia OGM, e fra gli ingredienti elenca "aroma naturale":
Quando la spalmi sul pane o sulle gallette di riso soffiato, prova a spolverare sopra la crema un po' di cacao amaro, o di caffè in polvere, oppure orzo tostato, o ancora cannella. Ricordati di farmi sapere qual'è il sapore che più ti è piaciuto, assieme a dosi e livello di cottura/cremosità. Se vuoi, mandami qualche foto, così, per non dimenticare l'assaggio.

Secondo me con la versione caramellata ci sta bene il cacao, mentre il caffè va centellinato altrimenti è troppo amaro. Per la versione senza caramello vale il contrario. Invece la cannella secondo me si abbina divinamente a entrambe le creme.

Una volta scelto il sapore preferito, lo si può aggiungere direttamente in cottura, ricordando di annotare ingredienti e dosi per riuscire a ripeterla... o a correggerla!

venerdì 23 novembre 2007

Pane Breatl della Rieper

Il Breatl (Rieper) è un pane di segale speziato. Oltre che da solo dopo una bella tostatina, o passato in forno a 120° per farne crostini, lo trovo gradevolissimo per accompagnare salumi, formaggi saporiti e verdure saltate. Tostato e spalmato con un velo di miele è veramente speciale.

La pagnotta della volta scorsa non mi aveva soddisfatto, questa volta è andata meglio. Il risultato è accettabile, anche se ancora perfezionabile.

Per l'idratazione ho seguito la dose apparentemente esagerata consigliata sul pacco, e per la lievitazione ho usato la tecnica del poolish in "atto unico", che coniuga i vantaggi del poolish con quelli del "metti tutto in vaschetta e trovi il pane pronto quando torni".

Mettere in vaschetta, nell'ordine:

  • 470 grammi di acqua tiepida.
  • 400 grammi di farina per Breatl.
  • 7 grammi di lievito di birra disidratato (una bustina Lidl o Mastro Fornaio).
Avviare per 15' un programma che impasti, finchè si ottiene una crema omogenea. Poi aggiungervi sopra:
  • 100 grammi di farina per Breatl.
  • 12 grammi di sale fino (in una fossetta ricavata nella farina).
  • 6 grammi di olio extravergine di oliva (opzionale).
Impostare il programma Segale, Integrale o Francese, ritardandone la partenza di almeno 2-3 ore.

giovedì 22 novembre 2007

Crema mou in pentola a pressione: approfondimenti.


Ho fatto una prova comparativa con la Crema Mou fatta con il latte condensato zuccherato in pentola a pressione, per rendermi conto di come la durata del "fischio" e il raffreddamento rapido o lento influiscano sul risultato.

La durata del fischio può andare dai 12-13 minuti ai 45 minuti, con risultati tutti eccellenti, ma sensibilmente diversi.

Con tempi brevi conviene raffreddare lentamente la pentola, altrimenti il latte condensato si trasforma in crema mou solo in prossimità delle pareti della lattina. Tempo fa ho fatto una prova con 15 minuti di fischio e raffreddamento rapido: il mezzo centimetro vicino alle pareti del barattolo era mou, il resto al centro era rimasto latte condensato.

Con 15 minuti di fischio e raffreddamento lento [a sinistra nella foto], come colore, sapore e consistenza ricorda un po' il Dulce de Leche classico.

Con 45 minuti di fischio, tolto il barattolo e raffreddato subito sotto l'acqua corrente [a destra nella foto], viene una crema ugualmente deliziosa, densa, scura, saporita, definibile come "Crema Mou", ma troppo carica per essere un Dulce de Leche. Dalla foto si nota come il raffreddamento veloce abbia bloccato l'avanzamento della cottura al centro: la parte vicina alla parete del barattolo (visibile a destra) è più cotta.

Per chi vuole provare, consiglio di iniziare con 20 minuti e raffreddamento lento (qualche ora), correggendo poi il tiro secondo i propri gusti e l'uso che si va a fare della crema. In ogni caso con questo metodo andrete sul sicuro, ottenendo comunque una crema da... nascondere ;-)

mercoledì 21 novembre 2007

La pasta: metodi di cottura (seconda parte)

Che nessuno venga ad insegnarci come cucinare la pasta, noi Italiani ce l'abbiamo nel DNA!

L'argomento continua da qui.

Sono convinto che quando non ci sono ospiti ma solo familiari, ben pochi spadellino la pasta. Spadellare è allegro, e migliora decisamente il sapore della pasta e la cremosità del condimento.

Metodo #3: pasta lessata e poi spadellata con il sugo.
Vantaggi: rispetto ai metodi #1 e #2, la pasta assorbe parte del sugo, insaporendo; la mantecatura le dona cremosità.

  • Lessare la pasta (vedi sopra) fino a metà cottura, poi scolarla e versarla nella padella con il sugo.
  • Se il sugo non ha parti liquide e la pasta non è ancora cotta, aggiungervi acqua di cottura.
  • Quando la pasta è cotta a puntino (al dente o secondo i propri gusti), spegnere il fuoco e aggiungere del parmigiano grattugiato e ancora un po' di acqua di cottura. Il parmigiano và aggiunto sempre a fuoco spento, altrimenti tende a diventare amaro.
  • Mescolare energicamente per mantecare la pasta formando una gradevole cremina di sugo, parmigiano e acqua di cottura.
  • Servire subito, lasciando un po' di cremina in fondo ai piatti.
  • Eventualmente guarnire con un po' di sugo e le decorazioni del caso.
Metodo #4: pasta cotta direttamente in padella con il sugo (grazie Ele). E' un'evoluzione del metodo #3, in pratica la pasta viene cotta come se fosse un riso mantecato. Secondo i sacri testi, la principale differenza fra un riso mantecato (es. Risi e bisi) e un risotto è che nel secondo il riso viene tostato (con un po' di grasso) prima di aggiungere l'acqua.
Vantaggi: si sporca una sola pentola; serve meno tempo per portare a bollore l'acqua; gli amidi non vengono dispersi, quelli che fuoriescono vanno a "legare" il sugo; la pasta "prende" molto bene il sapore del sugo; la mantecatura le dona cremosità.
Questo metodo è poco praticato, sembra difficile ma non lo è. Da quando l'ho provato lo usiamo spesso, dopo le prime volte si acquista dimestichezza. Il risultato premia lo sforzo per apprendere la tecnica.
  • In una padella bassa e larga (va bene quella che si userebbe per spadellare la pasta) si prepara la base del sugo, ad esempio rosolando la cipolla cui poi si aggiunge l'eventuale pomodoro. Per condimenti senza pomodoro, si fà adesso la sola base di aglio/cipolla e si aggiungono alla fine, al momento della mantecatura, i rimanenti ingredienti già cotti.
  • Poi si aggiunge acqua, circa il triplo del peso della pasta, e si porta a bollore.
  • L'acqua và salata con il 12% di sale grosso, da ridurre in presenza di sughi molto salati.
  • Buttare la pasta nell'acqua bollente, riportarla a bollore e cuocerla scoperta per un paio di minuti in più rispetto al tempo "normale". Cuocendo in poca acqua la pasta ha bisogno di più tempo. Se l'acqua si riduce troppo, aggiungerne a filo.
  • Inizialmente l'acqua può sembrare troppa, non spaventatevi. Contrariamente al riso mantecato, con la pasta si fà presto a togliere acqua prima della mantecatura.
  • Quando la pasta è cotta a puntino, spegnere il fuoco e aggiungere gli ingredienti per mantecare, come ad esempio zucchine (già cotte), bresaola e parmigiano grattugiato, oppure funghi e salsiccia, o ancora altri contorni avanzati dal giorno prima ;-) chi più ne ha più ne metta.
  • Dovrebbe essere rimasta una quantità di acqua sufficiente a formare la cremina con il parmigiano, altrimenti aggiungerne un po' durante la mantecatura.

Metodo #5: macchina per cuocere la pasta (es. PastAmore DeLonghi, si trova anche su Ebay dove il prezzo sembra essere sceso rispetto ai primi tempi).
Vantaggi: si arriva a casa e si trova la pasta già cotta con il sugo caldo, tutto pronto da impiattare. Piuttosto che niente...
Svantaggi: non so, non ce l'ho e non l'ho mai provata.

Nella prossima parte vedremo un trucco per fare la pasta in un minuto, senza macchine.

martedì 20 novembre 2007

Pane con miscele Lidl, pacco giallo e pacco verde

Sia per il pacco giallo che per quello verde ultimamente uso la stessa ricetta, l'ultima annotata è qui.

Il pacco giallo ("Pane tedesco con semi di girasole" o Zonnebloempittenbrood) è ricco di semi di girasole e lo trovo più "invernale" (un po' come la salsiccia: è buona sempre, ma d'inverno la gusto di più). E' eccellente per farne crostini.

Nel pacco verde ("Pane tedesco ai cereali e semi di lino e girasole" o Meergranenbrood) i semi hanno una presenza meno importante e ne fanno un pane meno carico, adatto anche alle mezze stagioni. I crostini sono buoni, ma mi soddisfamo meno di quelli con il pacco giallo.

Ecco la ricetta aggiornata, è più semplice di quella degli appunti:

  • 60 grammi di acqua tiepida ogni 100 grammi di farina.
  • 400-600 grammi di farina. Con 400 grammi viene una simpatica pagnottina, con 600 grammi la cupola supera il bordo della vaschetta di una macchina da 1 Kg massimo (BM3983).
  • 2-3 grammi di olio extravergine ogni 100 grammi di farina.
  • Programma: Francese.

lunedì 19 novembre 2007

Muffin o torta al Cacao con Arance Candite

Cacao, cioccolato e arance candite si sposano egregiamente. Ecco l'interpretazione di mia figlia, molto morbida e cioccolatosa, intensa ma non stucchevole.

L'impasto utilizzato è ideale per muffin o tortini.

Oggi niente stampini, quindi evvai con la torta!

Ingredienti:

  • 210 grammi di farina "00"
  • 40 grammi di cacao amaro in polvere
  • 150 grammi di zucchero
  • 1 pizzico di sale (1 grammo)
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 1 bustina di vanillina
  • 100 grammi di burro (o altro sostituto)
  • 80 grammi di olio di mais o girasole (o ancora burro)
  • 90 grammi di cioccolato fondente a pezzetti
  • Scorze di arancia candite, a piacere. A pezzettoni per la superficie, e opzionalmente un po' a pezzettini per l'impasto.
Preparazione:
  1. In una terrina miscelare gli ingredienti in polvere.
  2. In un pentolino mettere il burro e scioglierlo sul fuoco con un po' di latte.
  3. Mettere tutti i liquidi nella terrina con gli altri ingredienti, e mescolare grossolanamente. Se resta qualche grumetto renderà la torta più... interessante.
  4. Versare l'impasto in uno stampo di capacità quasi doppia, per evitare trabocchi con la lievitazione.
  5. Cospargere la superficie con le scorze di arance candite.
  6. Infornare a 180° per mezz'ora circa, controllando la cottura con lo stuzzicadente.
Il cuore della torta rimane molto soffice e sfiziosamente umido, pur essendo regolarmente cotto.

E' una di quelle torte che non vedi l'ora che arrivi domani per poterne assaggiare ancora un po'... "legalmente", senza attirare le ire dei familiari che altrimenti si devono accontentare delle briciole :-)

domenica 18 novembre 2007

Scorze di arancia candite

[Nelle foto, le scorze tonde sono acquistate al supermercato, le altre sono quelle fatte da me.]

Comincia la stagione delle arance, quelle buone, quelle italiane, quelle naturali. E con le feste natalizie si avvicina il periodo delle scorze di arancia candite, magari ricoperte di cioccolato fondente.

Un mio caro amico di vecchia data, pasticciere per passione e per tradizione familiare, una volta mi disse che la maggior parte dei canditi di arancia usati industrialmente ed in molte pasticcerie (non la sua!) in realtà sono fatti con la zucca aromatizzata all'arancia, eventualmente colorati su di un lato per dare l'effetto-buccia. Costano molto meno.

Stentavo a crederci, io ci sono cresciuto con i canditi comperati al supermercato, e quanto erano “buoni"! Allora mi disse: “Facci caso, gusto a parte, nelle scorze vere il colore della superficie è diverso e nettamente separato da quello del bianco, cosa che non riescono a riprodurre bene in quelle taroccate.”.

Oggi abbiamo fatto le arance candite e le abbiamo confrontate con quelle acquistate al supermercato. Quelle del supermercato sono belle tonde, ma effettivamente il colore della scorza non si distingue da quello del “bianco”. Quelle fatte in casa, invece, sono vere scorze di arance candite. Assaggiando fianco a fianco le nostre e quelle del supermercato l'inganno vissuto per decenni è emerso. Sconvolgente. Forse era meglio restare nell'ignoranza, e comunque adesso sto attento all'etichetta: un generico “canditi” è molto diverso da “Scorze d'arancia di Sicilia candite”.

Bando ai sentimentalismi, in rete si trovano molte ricette, io ho provato questa perchè è semplice, veloce, e dà ottimi risultati.

Ingredienti:

  • Scorze di arance “NATURALI”. Non usare le arance trattate, nemmeno dopo averle accuratamente lavate e pulite con alcool e cotone, a meno che non siano destinate alla suocera antipatica o al collega che ti sta scavalcando in carriera. Il difenile (E230) usato per conservarle e lucidarle è sicuramente tossico, e probabilmente anche cancerogeno. Per la cronaca, penetra anche all'interno.
  • Zucchero semolato.

Procedimento:
  1. Lavare le arance, sbucciarle in modo da ricavarne delle scorze il più larghe possibile senza romperle. Per fare le "scorzette" conviene togliere il bianco, per le "scorze" io preferisco lasciarlo.
  2. Mettere le scorze in un tegame e coprirle di acqua fredda. Portarle a bollore e poi scolarle. Ripetere questo passo tre volte.
    Questo passo serve a ridurre l'amarezza delle scorze. Alcune ricette propongono di bollire le scorze per 20 minuti.
  3. Scolare e ascuigare bene le scorze, poi pesarle.
  4. Mettere in un tegame zucchero semolato pari al peso delle scorze, con una ventina di grammi di acqua per ogni etto di zucchero.
  5. Portare ad ebollizione lo sciroppo di zucchero e versarvi le scorze, rigirandole finchè non ci sarà più zucchero liquido nel tegame.
  6. Nel frattempo versare dello zucchero semolato in un piatto.
  7. Passare le scorze nel piatto dello zucchero, dividendole e rigirandole per bene, poi adagiarle su di una carta-forno in modo che non si attacchino fra loro.
  8. Quando saranno raffreddate si possono mettere in un barattolo ben chiuso.
  9. Riuscendo a resistere, sarebbe meglio farle riposare un paio di settimane affinchè maturino.
  10. Le scorze candite si conservano a lungo, ma solo legando mani e piedi ai familiari ;-)
Possiamo usare le nostre scorze di arancia candite come ingrediente di base per impreziosire muffin, plum-cake, torte, pani dolci, pain d'épices, panettone, colomba, fugassa, gelati e molte altre preparazioni dolci. Per acquistare quelle “vere” bisogna cedere un rene o accendere un mutuo a rata costante. E pensare che si fanno in pochi minuti usando solo zucchero e scorze che in genere buttiamo nella spazzatura!

Ecco qui le nostre scorze di arancia candite, ricoperte di cioccolato fondente fatte da mia figlia. Una delizia semplice, facile e veloce da realizzare, sempre gradita.


P.S.: Qualcuno ricorda di quando una volta sui cerchi della stufa a legna si mettevano le bucce d'arancia o mandarino per profumare la cucina?

sabato 17 novembre 2007

Latte di riso: comperarlo o farselo?

Chi a causa del lattosio o altre intolleranze non può assumere latte di origine animale, assieme a chi per scelta vuole un'alimentzione vegetale, ha due alternative: il latte di soia e quello di riso. Entrambi come sapore sono lontani dal latte vaccino o di capra, ma i gusti si adattano e le necessità fanno fare miracoli.

Al supermercato IperFamila mi sono imbattuto nel latte di riso RYS della Valsoia, e visto che grazie alla Crema Mou sto approfondendo questi argomenti, ho scattato qualche foto per guardarmele con calma.

Gusto a parte, il latte di riso ha delle differenze importanti rispetto al latte di soia, a quello animale, e a quello fatto in casa:

  1. Ha pochissime proteine: 0,3%, il Chiccolat Scotti ne ha lo 0,11%.
  2. Additivi e/o aromi? No, grazie.
  3. Costa un botto.
La prima differenza rende il latte di riso inadatto alla preparazione della Crema Mou, a meno di non aggiungerci proteine estratte da vegetali (soia, grano, piselli, ecc., come quelle che vendono nei negozi di alimentazione per sportivi/fitness/bodybuilders).

Per gli additivi il RYS ne ha meno di altri che ho visto, ma contiene carragenina (E407), che preferisco tenere alla larga perchè nonostante sia permessa dalla legge molte fonti autorevoli sostengono che può essere cancerogena.

Alla terza differenza non avevo dato peso, quando serve per la salute si spende e basta, finchè non ho visto quanto è semplice e poco costoso farselo in casa.

Un litro di latte di riso fatto in casa costa pochi centesimi, il costo di 100 grammi di un riso qualsiasi. Un costo ridicolo, rispetto a quello del supermercato. Certo, non è additivato di vitamine, ma quelle conviene prenderle a parte perchè sono più efficaci, si assumono indipendentemente dai cibi scelti, e in rapporto alla quantità costano molto meno.

Quindi vediamo i vantaggi del latte di riso fatto in casa:
  • E' semplice da fare.
  • Lo si ha fresco quando serve.
  • Non contiene additivi.
  • Lo si può fare con riso da agricoltura biologica.
  • Ha un costo irrisorio.
  • Non arriva da lontano...
  • ecc.
Come si fa? Ecco:
  1. Mettere in pentola a pressione 100 grammi di riso ogni litro di acqua. Il riso farà un po' di schiuma, per cui non bisogna riempire troppo la pentola.
  2. Far bollire per due ore.
  3. Travasare l'intruglio in un contenitore adatto, usando un colino o uno straccio bianco pulito per filtrare i pezzi di riso.
Tutto qui. Mi raccomando, se usi uno straccio assicurati che non abbia tracce di detersivi, altrimenti il latte di riso ti viene di un bianco che più bianco non si può, oppure di un bianco più bianco del bianco, a seconda della pubblicità di detersivi che guardavi ;-)

Per il contenitore trovo comodo quelle pseudo-bottiglie della salsa di pomodoro da 750 cl, perchè hanno l'imboccatura larga. Il latte potrebbe addensare (senza carragenina!) e avere difficoltà ad uscire da un tappo stretto.

Edit: Oggi ho cercato e scoperto di avere in fondo alla credenza una confezione di Chiccolat Scotti. Il riso è BIO, e non c'è carragenina. Considerato che il pacco è da litro invece che da mezzo, il prezzo (mi sembra 2,50 Euro circa) è inferiore ma nello stesso ordine di grandezza. Ecco ingredienti e valori nutrizionali:



L'etichetta del Chiccolat riporta che ha il 17% di riso e circa 1% di olio di riso (quantità non specificata ma deducibile dai valori nutrizionali).
La composizione del RYS è simile, 17,8% di riso e circa 1,3% di olio di girasole.

Per quello fatto in casa si potrebbe quindi provare ad aumentare il riso da 100 a 170 grammi per litro di acqua, magari aggiungendo 10-15 grammi di olio di girasole o mais (1 - 1,5%), che dovrebbe emulsionarsi correttamente se non addirittura aggregarsi con l'amido del riso durante la lunga cottura.
Forse così risulterà un po' più gradevole da consumare direttamente.

La gara per le prove è aperta :-) facci sapere i tuoi risultati!

venerdì 16 novembre 2007

Yogurt, muesli e mou

Alla sera, quando mi ricordo, mi faccio un regalo. Metto il muesli nella tazza, e lo copro con abbondante yogurt. Al mattino è pronto: il muesli è insaporito, ammorbidito e rinato, togliendo siero allo yogurt che si è quindi ridotto diventando densissimo.

Semplicemente delizioso.

Sia lo yogurt fatto in casa che il muesli sono così saporiti che coprono il mou. La prossima volta invece che metterlo sullo yogurt, spalmerò il mou sul pane.

giovedì 15 novembre 2007

Crema mou leggera tutta vegetale

Ecco un'ottima crema spalmabile per deliziare le papille di chi preferisce, o è costretto, ad un'alimentazione vegetale e a limitare i grassi.

Si usa come la Nutella, ma non contenendo lattosio nè caseina è indicata a chi è affetto da candida intestinale, intolleranze al lattosio, allergie agli ingredienti del latte di origine animale (comprese tracce di antibiotici, ormoni, farmaci vari, pesticidi, e tutto quello che hanno fatto trangugiare agli animali).

Questa crema mou è un elogio alla semplicità: per farla si usa solo latte di soia (possibilmente BIO) e zucchero (bianco o di canna). Il sapore è ben più che gradevole, anche per gli abituè delle creme classiche. Tanto che ho dovuto nascondere la tazza dal loro campo visivo ;-)

La realizzazione pratica rispecchia una delle tante versioni della ricetta tradizionale del Dulce de Leche o della Confiture de Lait, con le solite modifiche da sperimentatore schizofrenico, altrimenti non mi sarei divertito :-)

Come prima prova ho ottenuto una tazza da circa 180-200 grammi di crema mou molto scura e molto densa, partendo da 500 grammi di latte di soia e 100 grammi di zucchero. Quindi i valori nutrizionali dovrebbero essere all'incirca:

  • KCal: 275 (per 100 grammi di prodotto finito)
  • Carboidrati: 7,5%
  • Proteine: 7,6%
  • Grassi: 2,5%
  • Minerali: 2,25%
  • Fibre: 1,15%
Per la cronaca, le creme più diffuse hanno quasi il doppio delle calorie e fra il 30% e il 40% di grassi, per cui potendone vantare solo il 2,5% possiamo tranquillamente definire la nostra crema come "low-fat".
A mio avviso la pottemmo definire anche ipocalorica, visto che sviluppa quasi metà delle calorie rispetto alle blasonate creme industriali. Oltre a questo, dal punto di vista alimentare la definirei "vantaggiosa", nel senso che se per saziarsi di Nutella ce ne vuole un autotreno, con questa crema mou dopo qualche cucchiaino ci si sente già appagati, e secondo me ci vuole un certo impegno per arrivare a mangiarne 100 grammi (275 Kcal).

Ecco la ricetta, è più lunga da leggere che da fare:
  1. Preparare un tegame dai bordi alti (il latte di soia fà la schiuma e trabocca come quello di mucca!) in cui il latte da usare arrivi al massimo ad un terzo dell'altezza. Io ho usato una antiaderente, ma non dovrebbe attaccarsi comunque.
  2. Se si vuole una crema più scura (come in queste foto), mettere nel tegame parte dello zucchero (fino a metà del totale previsto) con uno o due cucchiai di acqua, e caramellarlo come al solito.
    Il fondo di caramello è opzionale, se non si vuole scurire troppo la crema si può saltare questa fase e mettere lo zucchero tutto direttamente con il latte. In questo esperimento ho caramellato metà zucchero (50 grammi).
  3. Versare il latte di soia ed il resto dello zucchero (nel mio caso i rimanenti 50 grammi), portare ad ebollizione curando che non trabocchi, e mescolare di tanto in tanto. Il caramello si appallottola, avrà poi il tempo di sciogliersi.
    Le proporzioni originali sarebbero 280 grammi di zucchero ogni litro di latte, ma io preferisco usarne di meno, con 200 grammi per litro a mio gusto il mou viene dolce ma non stucchevole. Devo fare il calcolo, ma nel mou fatto con il latte condensato zuccherato lo zucchero dovrebbe superare i 300 grammi per litro di latte "fresco", ecco percè viene molto dolce!
  4. Passata la fase iniziale il latte comincia ad addensare e non traboccherà più lasciandolo a sobbollire scoperto.
  5. Fino a quando il latte non prende un bel colore brunito, basta una mescolatina di tanto in tanto. Nel mio caso ci è voluta un'oretta.
  6. Quando il colore inizia ad essere come quello del caffelatte conviene mescolare un po' più spesso, regolarsi a occhio è facile anche la prima volta.
  7. Quando la densità inizia ad essere collosa, provare a raffreddare qualche goccia di mou su di un piatto freddo, com si fa per le confetture.
  8. Raggiunta la densità desiderata, spegnere il fuoco ed invasare come per una normale confettura.
  9. Attenzione, cuocendo troppo potrebbe diventare granuloso.
Variazioni:
  • Per ottenerlo meno scuro basta non trasformare parte dello zucchero in caramello, e/o cuocerlo meno.
  • Per averlo meno denso basta cuocerlo meno.
  • Per caratterizzarlo basta aggiungere ingredienti solubili e cucinabili, come vaniglia, caffè, cacao amaro, rhum, marsala, ecc.
  • Per averlo meno dolce si può ridurre lo zucchero fino alla metà (100 g/lt), per i viziati sconsiglio di aumentarlo più del 50% (300 g/lt).
  • Per limitare l'apporto calorico, nonchè per ridurre l'impatto glicemico (utile a diabetici, bodybuilders, ecc.), si può sostituire fino a metà zucchero con dolcificanti adatti alla cottura (quindi niente aspartame!). Non si può eliminare completamente lo zucchero (saccarosio) altrimenti la reazione di Maillard, grazie alla quale abbiamo il "mou", faticherebbe o non avrebbe luogo.
La ricetta prevede un pizzico (un grammo?) di bicarbonato di sodio ogni mezzo litro di latte. C'è chi dice che favorisce l'imbrunimento, chi dice che serve per evitare la cagliata, altri per addensare o ancora per conservare il mou. Per scrupolo io l'ho messo, e nella crema il suo sapore non si avverte. La prossima volta proverò senza.

Spalmata su di una galletta di riso soffiato è DE-LI-ZIO-SA.
Parola di quelli che l'hanno assaggiata, anche se possono mangiare di tutto.

mercoledì 14 novembre 2007

Arturo migliorato

Il pane quotidiano che preferisco è quello di grano duro, che rispetto a quello che si acquista mi viene con la mollica un po' pallidina. Non mi sono mai chiesto il perchè.

Il pane di semola di grano duro ha un sapore più intenso e "rotondo" del pane di farina bianca, ma alle cose buone ci si abitua in fretta e ho voluto fare un esperimento per migliorarlo ancora. L'esito ha superato le aspettative.

La ricetta è quella di Arturo, con 400 grammi di poolish più 150 grammi di semola, in cui ho sostituito 10 grammi di acqua del poolish con 10 grammi di doppio concentrato di pomodoro, messo direttamente nel poolish prima della sua preparazione.

L'obiettivo era di dargli un po' di colore senza interferire sensibilmente sul sapore. All'esperimento incredibilmente riuscito :-) si sono aggiunte due piacevoli sorprese: il sapore è migliorato e anche la lievitazione ne ha tratto vantaggio.

Assaggiandolo fianco a fianco con un pane identico ma senza pomodoro, la differenza è "delicata" ma evidente. Quanto basta per farci rimpiangere sempre più il nostro pane quando siamo costretti a pranzo o cena fuori casa.

Per i daltonici, nelle foto il pane a sinistra è quello con il pomodoro, e quello a destra è quello senza.

martedì 13 novembre 2007

La pasta: metodi di cottura (prima parte)

Che nessuno venga ad insegnarci come cucinare la pasta, noi Italiani ce l'abbiamo nel DNA!

Premessa: io non sono nessuno per spiegare come si cuoce la pasta, voglio semplicemente illustrare cosa ho capito, sono cose che si sanno (forse) ma non vengono dette. Spero che questo vi stuzzichi a contribuire per espandere i miei (e forse nostri) orizzonti. La prima è stata Ele con il suo commento, nessun'altro?

Da ragazzi impariamo a fare la pasta in famiglia e, per la maggior parte di chi non ne ha fatto una professione, quello sarà sempre l'unico modo che useremo. Quindi mi rivolgo ai ragazzi che hanno ancora da ricevere l'imprinting pastaiolo, tuttavia penso che anche agli adulti una sbirciatina non guasti. Non c'è limite a quello che si può imparare a proprio vantaggio.

Cominciamo con un piccolo promemoria, poi eventualmente amplieremo la discussione. Le prime ricette sono dedicate ai ragazzi che stanno imparando, le successive sono un po' più da buongustai.

I metodi che seguono sono adatti alla preparazione dei formati più comuni, come spaghetti, penne, farfalle, tortiglioni, fusilli, ecc., conditi con sughi semplici, con una parte semiliquida, come tutti quelli a base di salsa di pomodoro, ed eventuali aggiunte solide.

Metodo base #1, pasta lessata in pentola e condita sul piatto. E' il metodo che abbiamo imparato da piccoli, quindi la ripeto qui per i... giovani che non hanno ancora imparato ;-)

  • Portare a ebollizione "abbondante acqua salata". Pochi dicono quanta acqua e ancora meno quanto sale.
    • Per l'acqua servirebbe 1 litro di acqua ogni 100 grammi di pasta, ma anche riducendola un po' la differenza è impercettibile.
    • Per il sale tutti fanno a occhio, oppure "assaggiano" l'acqua, evitando di farlo dopo aver sgranocchiato qualche patatina o salatino, altrimenti si scateneranno le ire dei commensali per l'inevitabile errore di salatura. Un'altra possibile causa di disastri è quando si usa una pentola sconosciuta. Per ridurre i rischi, provate a dosare il sale in modo preciso come ho suggerito qui, poi eventualmente correggete la dose secondo le vostre abitudini.
      Nota: Wikipedia suggerisce 5 grammi di sale per litro d'acqua, secondo me ce ne va almeno il doppio.
  • Versare la pasta nell'acqua bollente alzando il fuoco per riportarla velocemente a bollore, impostare un timer a un paio di minuti in meno del tempo di cottura indicato sul pacco, dopo un minuto mescolare la pasta e abbassare un po' il fuoco per evitare trabocchi. Per evitare che si attacchi, c'è chi versa un paio di cucchiai di olio nell'acqua della pasta.
  • Mescolare di tanto in tanto, e quando suona il timer assaggiare il punto di cottura. Per alcune marche/formati il tempo indicato sul pacco a mio gusto è eccessivo, per altre è giusto, per altre ancora è scarsino.
  • Scolare la pasta non del tutto, in modo che nei poco tempo che trascorrerà fino alla degustazione non si secchi, poi distribuirla sui piatti e mettervi subito sopra il sugo e una spolveratina di parmigiano.
Metodo #2: il metodo di Vincenzo Agnesi.
Vantaggi: minore dispersione degli amidi nell'acqua (quindi pasta più saporita); risparmio di energia, E' utile anche a chi non si fa scrupoli, saper risparmiare gas può tornare utile in campeggio quando il fornellino è agli sgoccioli ;-)
Acqua salata al fuoco, circa 10 volte il peso della pasta. In piena ebollizione si buttano gli spaghetti, si ravviva il fuoco perché il bollore riprenda al più presto. Quando questo ha ripreso, 2 minuti di ebollizione, poi si spegne la fiamma, si copre la pentola con un canovaccio, che fasci anche i fianchi e si sovrappone il coperchio.
Ora si deve aspettare il tempo che si impiega di solito per cuocere gli spaghetti, più breve o più lungo secondo il loro spessore, quel tempo stesso che è opportunamente indicato su molti astucci di pasta. Si scola, ricordando però l’aurea regola: asciutta, ma non troppo, deve rimanere la pasta.
Non è finita qui, non ci stava tutto in un post. Non perdete le prossime puntate con ricchi premi e cotillons :-) più un paio di metodi per buongustai, e ancora un trucco usato nella ristorazione professionale che anche a casa ci può far risparmiare un sacco di tempo.

Un fatto realmente accaduto: un giorno sul lungo mare di Camogli ho conosciuto una coppia di Danesi. Chiaccherando crogiolati al sole, mi hanno chiesto come facciamo noi Italiani a fare la pasta così buona. E io ho cominciato il panegirico, il sole... il grano duro... l'essicazione... la trafilatura... si fa bollire l'acqua... BOLLIRE? mi hanno interrotto stupiti. Ecco perchè a noi veniva sempre gommosa!